onde frangenti
COME FUNZIONANO E COME PRENDERLE
Non imitate questa foto, finché non siete abbastanza esperti, e comunque non qui dove il frangente vi trascina e vi sbatte contro gli scogli.
E comunque bisogna distinguere tra onde e onde frangenti. Più avanti.
Quelli che: “Sai, ci sono le onde… Se ti succede qualcosa…” C’è tutta una letteratura ed una retorica sulle onde e il kayak, sulla sicurezza, su come gestire la paura…
Un amico canoista mi confidava che “gli si stringe il culo sulle onde” ed io lo rassicuravo che “xe solo acqua che va su e zo, no le te fa gnente…”
Il principiante è quello che ha paura dell’ignoto. L’esperto è quello che ha avuto modo di rendersi conto, un po’ alla volta, che non gli succede niente, che il kayak sta su da solo (quasi sempre) anche se tu non fai nulla.
Ovviamente con la pratica si affina una sensibilità psicomotoria (mover el cul) anche inconsapevole, si perfezionano delle tecniche (l’appoggio basso sull’onda, inclinarsi verso l’onda che arriva ecc)…

appoggio basso su un piccolo frangente se vi appoggiate, o soltanto inclinate dall’altra parte… siete capovolti

Dunque le onde sono acqua che sposta acqua in avanti, acqua che va su e giù, cioè sfoga verso l’alto perché l’acqua che sta davanti ha una certa inerzia e non si lascia spostare facilmente.
Però attenzione: le onde avanzano, l’acqua no.
Le onde normalmente sono mosse dal vento, e più chilometri il vento ha a disposizione per soffiare sul mare (il “fetch”) più le onde sono alte. Ma ci sono anche onde che vengono da lontano, senza vento… che magari le ha alzate ieri, in basso Adriatico…
Se osserviamo la foto sopra, scattata all’ingresso del porticciolo del Cedas, vediamo che in mare aperto ci sono onde, ma non frangenti. (che abbiano le creste bianche non significa che siano frangenti)
I frangenti si formano, cioè le onde si rompono e si rovesciano in avanti (frangono) quando inciampano in un basso fondale e non possono più sfogare la loro forza spostando la massa d’acqua che sta loro davanti. (appunto perché hanno poca acqua davanti perché il fondo si sta alzando e non possono spostare il fondo…)
E il frangente può intraversare il kayak, rovesciarlo, catturarlo, trascinarlo…
Meglio evitare, tenersi più al largo. Ne parleremo più avanti, e di come manovrare…
Diciamo che un’onda di un metro e mezzo comincia a frangere quando raggiunge un fondale di un metro e mezzo (pari altezza)
Nel nostro piccolo non è consigliabile farsi “remenare” dal frangente in primo piano nella foto, mentre è possibile perforare le onde in secondo piano e portarsi al largo dove le onde non frangono.
Ripetiamo: L’onda “normale” è acqua che va su e giù, e non vi fa nulla, in mare aperto, profondo.
L’onda frangente è un’onda che “inciampa” in un basso fondale e si rovescia in avanti (poi ci sono vari tipi di frangenti…)
In realtà l’acqua fa un movimento circolare: si alza insieme all’onda, avanza con la cresta, scende dopo il passaggio dell’onda, torna indietro nel cavo dell’onda, risale con la prossima onda… Una volta ho osservato un sacchetto di plastica a mezz’acqua: andava su e giù con l’onda ma non andava avanti: mi permetteva di visualizzare questo movimento circolare VEDI FOTO A PAGINA SEGUENTE
Questo è molto importante e servirà a capire quale assetto dare al kayak nell’affrontare le onde. A capire da quale parte viene il pericolo…

Il vento crea una corrente superficiale poco profonda ma l’acqua sottostante non avanza.
Ve ne accorgete se immergete la pagaia verticale mentre scarrocciate spinti dal vento: sentirete l’acqua ferma (nella quale lavora una pinna, la deriva di una barca o di un kayak a vela…) Tutt’altro discorso con la corrente del fiume, che non è superficiale e vi rovescia se non date “pancia” alla corrente:

Aperta parentesi: “dare pancia a” significa mostrare la pancia della canoa, dare la chiglia, “mostrarghe el cul” alla corrente, alzare il fianco e quindi inclinare lo scafo dalla parte opposta, come fa il ragazzino nella foto sopra, in modo che la corrente scivoli sotto. Perché se la corrente monta sul fianco vi rovescia istantaneamente (in fiume). Il fiume è un maestro impietoso, col quale non si può barare, si è costretti ad imparare:

Chiusa parentesi. Chiarito cosa vuol dire dare pancia diciamo che in mare si fa esattamente il contrario: mai dare pancia all’onda, anche se sarebbe istintivo, sentendo l’onda come una minaccia, darle pancia, mostrarghe el cul, e inclinarsi dall’altra parte…
Precisiamo che in mare le onde non vi rovesciano, e di solito non passano sopra la coperta perché il kayak galleggia molto bene sopra l’onda. Nel 95 % dei casi, e forse anche di più, l’onda passa sotto e non vi fa nulla, anche se voi non fate assolutamente nulla, tranne forse ancheggiare istintivamente mentre passa sotto.
In mare le onde ostacolano il vostro avanzare oppure vi spingono, ma perché navigate in salita oppure in discesa… Surfare significa scivolare giù per l’onda spinti dall’onda e dalla forza di gravità…
L’andatura più sicura è prendere le onde di prua. Ma se devo andare in altra direzione? Beh si possono prendere su tutte le andature: prua, poppa, al traverso, di 3/4 … …

Poi c’è quel 5 % di onde cattive, onde corte, onde alte, onde bastarde, onde frangenti, che potrebbero rovesciarvi, se non fate nulla, o peggio se vi inclinate dalla parte sbagliata.
Vediamo come l’onda rovescia il kayak e come evitarlo:


Nella foto sopra abbiamo un’onda al traverso, un’onda laterale, che vi prende sul fianco.
La canoista dà pancia all’onda, si inclina e si sporge dall’altra parte (sottovento) e fa un appoggio basso sottovento (posto che il vento e le onde vengano dalla stessa direzione): sbagliatissimo!
Dicevamo che l’acqua avanza con la cresta dell’onda: quindi l’onda (che viene da sinistra per chi guarda la foto) fa presa sul fianco alzato ( > freccia rossa da sinistra)
Dicevamo che l’acqua torna indietro nel cavo tra due onde: quindi fa presa sul fianco abbassato (< freccia rossa da destra)
Ed ecco che questa “coppia” di forze rovescia il kayak in un baleno, e difficilmente l’appoggio basso evita il ribaltamento, e nemmeno un appoggio alto. A parte che per ricordarsi di fare un appoggio d’emergenza durante un ribaltamento improvviso, non voluto, ci vuole una certa praticaccia, una certa determinazione, che molti canoisti non hanno. Occorre essere esercitati a reagire a ribaltamenti d’emergenza.
(E anche qui il fiume è un maestro prezioso…dal momento che chi impara ad andare in fiume si rovescia frequentemente e ha modo di esercitarsi a gestire situazioni di emergenza. Chi va in mare no. C’era un socio che andava in kayak da una vita e dopo essersi rovesciato con la bora prima di Miramare, ed essere stato salvato dalla Guardia di Finanza, ha chiesto di fare un paio di lezioni: è risultato che non conosceva l’esistenza dell’appoggio basso o dello scarto di poppa…)
Da sottolineare che facendo un appoggio sottovento, quando il kayak sta scarrocciando lateralmente spinto dal vento, è probabile che la pagaia si infili sott’acqua e il canoista la segua…E allora l’appoggio deve essere molto energico e veloce. L’appoggio sopravvento invece, mentre il kayak scarroccia, vi sostiene a lungo, con la pagaia che rimane in superficie.
Nella foto sotto (pagina precedente) vediamo il comportamento corretto, l’assetto giusto:
Il canoista deve inclinare lo scafo (anche poco) verso l’onda che arriva, ed eventualmente sporgersi sopravvento ed appoggiare fiducioso sull’onda che arriva, per non essere rovesciato.
E allora la spinta dell’onda non fa presa sul fianco ma scivola sopra la coperta ( > freccia rossa da sinistra) e la controspinta del cavo d’onda ( < freccia rossa da destra) non fa presa sul fianco ma scivola sotto lo scafo… L’onda passa e non succede nulla…
L’appoggio basso non è indispensabile ma bisogna essere pronti ad eseguirlo eventualmente per recuperare l’assetto orizzontale.
Una volta alle Incoronate (con il NordKapp) ho provato a lasciarmi investire dalle onde senza fare nulla, pagaia alta davanti al naso: onde di un metro – un metro e mezzo al traverso passavano sopra la coperta e mi bagnavano le ascelle, senza sbilanciarmi. Bastava lasciarle passare assecondandole e non succedeva niente. Il canoista deve essere cedevole, rilassato, non rigido, deve ascoltare l’acqua…

ancora appoggio basso sull’onda, ma qui mi pare che abbiamo una corrente, di marea o di fiume, da sinistra, e l’onda è statica (la canoista è sempre Kate Hives)
All’occorrenza, se l’appoggio basso non vi sostiene, bisogna saperlo trasformare in appoggio alto – testa in acqua e tornare su. Ma di solito in mare l’appoggio alto non si fa, se non per esercitarsi (è un mezzo eskimo) o quando si va a giocare con i frangenti.

E’ utile esercitarsi gradualmente, pagaiando con onde laterali progressivamente più alte, a sporgersi e ad appoggiarsi sull’onda che arriva. L’appoggio deve diventare un riflesso automatico quandi si viene sbilanciati. Ma è una manovra volontaria quando valuti quale onda sta arrivando. Si arriva al punto che il corpo reagisce automaticamente, e solo dopo tu vieni a sapere cosa hai fatto… specialmente in fiume dove gli sbilanciamenti, dovuti a correnti, controcorrenti, zone di acqua ferma, salti, buchi, rulli, sono frequenti e repentini.
(Il fiume – mi tocca ripetere – ti costringe ad imparare. In mare si può andare per lustri e decenni senza essere costretti ad imparare. E quando succede qualcosa ci si ritrova attoniti, spesso impreparati. Io non sarei l’esperto che sono se non fossi andato in fiume, per decenni…)
Quando durante lezioni di perfezionamento metto gli allievi su un discesa (kayak veloce ma instabile) spesso mi dicono “Desso go capì coss che servi l’appoggio basso” e lo usano.
(I kayak più tecnici e difficili, olimpica, discesa, slalom, costringono ad imparare…)
Nell’appoggio basso sull’onda sta la differenza tra il non canoista ed il canoista: tra chi ha paura delle onde e chi ci gioca con le onde… tra chi ha paura di sporgersi e viene rovesciato dall’onda e chi si appoggia fiducioso sull’onda che lo sostiene…
E l’appoggio basso è la prima manovra di sicurezza in mare, per non rovesciarsi, e probabilmente l’unica, e viene usata raramente, tanto che gli allievi la eseguono durante i corsi ma poi non la usano e la dimenticano. Si usa per recuperare l’equilibrio dopo uno sbilanciamento fino a 30 – 45° o per appoggiare sull’onda (anche per aiutarsi in una curva, detta anche virata in termini marinari)
L’appoggio alto si usa dopo uno sbilanciamento di 90° (spalla e testa in acqua, e se non si è arrivati con la spalla in acqua è inutile sprecare energia per tornare su, perché il colpo di pagaia andrebbe sprecato nel contrastare la caduta invece che per tornare dritti). Ma chi sa andare in canoa è difficile che arrivi a questo punto, a meno che vada a cercare guai tra i frangenti.
Dopo un capovolgimento (di 180°) bisogna fare l’eskimo, che è come un appoggio alto partendo da posizione capovolta. Per questo è utile imparare bene l’appoggio alto (direi indispensabile) prima di cimentarsi con l’eskimo (che significa raddrizzarsi, con un colpo di fianchi e di pagaia, dopo un completo capovolgimento, ma non è questa la sede…) Comunque è raro rovesciarsi e dover fare l’eskimo in mare, se si sono imparate le lezioni precedenti.
Da sottolineare che un kayak largo (60 – 65 cm), a fondo piatto, è più stabile ma offre all’onda una presa maggiore, una leva più favorevole per essere rovesciato.
Un kayak più stretto (50 – 55 cm), con sezione più rotonda, ma sempre un kayak da mare, da viaggio, è meno stabile ma offre all’onda minor presa, meno leva… quindi risulta più sicuro, più facile da gestire, da raddrizzare, anche nell’eskimare.
Per quanto riguarda la stabilità, si impara a tenere l’equilibrio, con minime correzioni, “movendo el cul” … si impara a scendere fiumi impetuosi di terzo – quarto grado su un kayak da discesa largo 44 cm al galleggiamento:

kayak da discesa, stretto e instabile, a sezione rotondeggiante
World Champion Nejc Žnidarčič

onde di libeccio (SW) ai topolini foto Valentina Ludvig

Caio e Lucio con onde di libeccio Foto Gelindo Bergagna
Dimenticavo: bisogna saper trasformare la pagaiata in appoggio basso: durante la passata in acqua o meglio alla fine estrarre di taglio e mettere la pala piatta (30 – 40° fuori dalla poppa, ma qui non sto spiegando le varie manovre bensì quando e come vanno usate)
E ora vediamo come si manovra con le onde sulle varie andature: controvento, di poppa, al traverso, di tre quarti…
L’andatura più sicura è dritto contro le onde, che in questo caso non ti buttano fuori rotta, non ti rovesciano, ma ti fanno faticare per procedere in salita.
Di solito il kayak va su e giù per l’onda e “splaff” casca dopo aver superato la cresta, rallentato.
Alcuni kayak con la prua meno portante invece perforano l’onda corta.
Non saprei quale sia l’andatura meno sicura: dobbiamo tenere presente che il comportamento di uno scafo, e quindi le difficoltà per il canoista nel manovrare, dipendono dall’azione combinata di 1) onda 2) vento 3) corrente superficiale mossa dal vento (tralasciando qui la corrente di marea e la corrente del fiume) e da come ogni scafo risponde a queste sollecitazioni.

onde di bora (ENE) alle dighe foto Studio Borlenghi
Ci sono molti tipi di scafi perché in sede progettuale si fanno delle scelte e si devono accettare dei compromessi tra caratteristiche che soddisfano esigenze diverse Troppo difficile?
Diciamo che una caratteristica, una forma che porta vantaggio in una situazione può portare effetti negativi in altra situazione. Da qui la necessità del compromesso. E l’impossibilità di avere lo scafo perfetto che vada bene in tutte le situazioni.
A volte senti che ti va via la poppa, a volte che ti va via la prua…
Ci sono scafi che vanno con la prua al vento e scafi cui il vento porta via la prua
Ci sono scafi che vanno sempre dritti e scafi maneggevoli ma che vanno di qua e di là
Scafi adatti a planare in “downwind” (giù per l’onda) e scafi adatti a solcare con mare formato Scafi larghi e stabili e scafi lunghi e stretti e veloci…

onde di bora al largo di Sistiana fotogramma di Jan Aglialoro

Teniamo presente che il vento fa presa sulle parti emerse del kayak, l’onda e la corrente fanno presa sulle parti immerse, l’opera viva. E le forme, le superfici variano…
Magari se prevale il vento ti sposta la prua mentre se prevale l’onda ti sposta la poppa. Ma bisogna vedere anche quanto la poppa è chigliata e si oppone allo scarroccio…
Il kayak da mare ideale dovrebbe essere equilibrato, neutro al vento e all’onda, mantenere la rotta su tutte le andature senza continue correzioni, in modo che tutta la tua energia vada in propulsione. Appunto un ideale…
Avevamo un 470 che mi faceva bestemmiare perché andava fuori rotta anche con un’ondina di
20 cm o con una brezza di 20 Km l’ora, costringendomi a continue e alla lunga faticose correzioni. Diciamo che è piacevole pagaiare in scioltezza al 70% della propria forza e che la canoa cammini… ma se devo continuamente metterci il 100% per correggere non è piacevole, anzi massacrante.
Andatura con le onde in poppa: è la più comoda perché si va in discesa e le onde ci spingono, e possiamo divertirci a surfare, cioè a scivolare veloci giù per l’onda. Bisogna pagaiare di forza per mantenere velocità, mantenere la velocità dell’onda, e fare le opportune correzioni se l’onda ti manda fuori rotta (le solite correzioni: pagaiata più energica / pagaiata larga / scarto di poppa o timone dall’altra parte)
Se riesci a tenere la velocità dell’onda e a “cavalcarla”, bene! Vai in discesa. Ma è probabile che l’onda ti sorpassi, e allora prendi la prossima. Poi dipende da quanto le onde sono lunghe e sono alte…

Marc Sauvageot

Nick Cunliffe ma questa è un’onda frangente di dimensioni rispettabili …
Onde lunghe sono quelle distanti l’una dall’altra. Le onde corte sono quelle più vicine e quindi più ripide, e possono essere più fastidiose. Quando l’onda ti sorpassa potrebbe spostarti la poppa (e tu correggi, come sopra) ma potrebbe anche intraversarti, cioè ti ritrovi girato con l’onda di lato, e allora devi appoggiare sull’onda che arriva: SECONDA FOTO PAG SEGUENTE:

Kate Hives timone
Scarto di poppa e timone si fanno con la pala pressoché verticale.

L’onda che ti sorpassa può intraversarti, e allora devi appoggiare: pala piatta, pressoché orizzontale.

Così ci troviamo nella situazione andatura con onde al traverso.
Torniamo a vedere la foto della canoista che appoggia (quella con le frecce blu e rosse, già proposta alcune pagine sopra): “inclinare lo scafo verso l’onda che arriva, ed eventualmente sporgersi sopravvento ed appoggiare fiducioso sull’onda che arriva, per non essere rovesciato”.
Ma queste onde spumeggianti che si rovesciano sulla coperta del kayak sono onde frangenti in prossimità della spiaggia.
Normalmente – lo ripeto – l’onda è acqua che va su e giù, il kayak va su e giù, l’onda passa sotto e non succede niente. In mare aperto, anche con onde di un metro, due, tre metri… Più temibile è il vento forte, la bora a raffiche.
Quindi si può navigare tranquillamente con le onde al traverso, che sarebbe l’andatura più pericolosa perché il kayak è largo solo 50 – 60 cm … (ma se usate l’appoggio avete una base larga 2 m)
E’ utile esercitarsi, pagaiando, a mettere un appoggino basso su ogni onda che arriva al traverso, e affrontare un poco alla volta onde più alte (lo ho già detto più sopra) per rendersi conto che non succede niente e prendere fiducia nella propria barca e nel proprio appoggio.
Ma all’occorrenza deve essere un appoggio vero: inclinandosi e sporgendosi un poco verso l’onda e mettendo una parte del peso del tronco (o anche tutto) sulla pala piatta.
L’appoggio finto è quando il canoista mette la pala piatta ma evita accuratamente di buttarsi fuori e mettere peso sulla pala planante… Se tenete il baricentro in barca basta poco a buttarvi dall’altra parte!
Se avete paura a sporgervi dovete insistere, fino a rendervi conto che la pala vi sostiene, fino ad avere fiducia nel vostro appoggio! Si può arrivare a mettere lo scafo verticale sul fianco e tutto il peso sulla pala prima di tornare su. Bisogna arrivare a farlo con scioltezza, ed eleganza, giù e su, dolcemente. E deve diventare un riflesso automatico, nonappena il vostro corpo avverte uno sbilanciamento, o un atto volontario allorché vedete che vi arriva addosso un’onda cattiva…
Anche con le onde al traverso per mantenere la rotta può essere necessario ricorrere alle solite correzioni (pagaiata più energica / pagaiata larga / scarto di poppa o timone dall’altra parte, manovre che ad un certo punto sono diventate automatiche, istintive, senza nemmeno pensarci). (Quando uno è diventato padrone delle varie manovre le mette in pratica automaticamente all’occorrenza, prima di rendersene conto: non è che pensa “mi sta succedendo questo e quindi decido di fare questo” E gli automatismi si creano con numerose ripetizioni, del gesto corretto. Ma si può automatizzare anche il gesto scorretto, e poi è molto difficile modificare un automatismo. Ecco perché conviene fare le cose giuste fin dall’inizio, sotto il controllo di un esperto. Chi ad esempio impara a pagaiare solo di braccia, senza ruotare le spalle, pagaierà male per tutta la vita…)
Le solite correzioni: se non avete il timone (o lo skeg) che però è una complicazione, un punto debole, un’arma impropria, di cui i puristi della tecnica canoistica non vogliono sentir parlare, sostenendo che il canoista fa tutto con la pagaia e movendo el cul.
Spesso l’onda sposta la poppa e il kayak va con la prua al vento (va all’orza) oppure l’onda o il vento spostano la prua (e la barca va in poggia).
E veniamo infine alle andature con onde di tre quarti:
con le onde a 30° – 45° dalla poppa (al giardinetto o al gran lasco) con le onde a 30° – 45° dalla prua (di bolina)
Le solite indicazioni per mantenere la stabilità o la rotta: inclinare verso l’onda che arriva ed eventualmente appoggiare per la stabilità, e le solite correzioni per la rotta, secondo ciò che l’onda fa al tuo scafo… Ogni canoista impara a conoscere come il suo scafo risponde al vento e all’onda e agisce di conseguenza.
Ricordo una lunga traversata alle Incoronate con scirocco forte e onde a 30° – 40° dalla poppa (sciroccata che mi aiutò a fare 42 Km in giornata, e a Trieste fece danni) Ero con il mio NordKapp e l’onda mi spostava la poppa costringendomi a continue e faticose correzioni (pagaiata larga sopravvento e scarto di poppa sottovento) finché mi accorsi che, se rinunciavo a correggere, la rotta si stabilizzava a 60° con la direzione del vento-onda. Una specie di equilibrio tra le spinte. Assecondare e sfruttare le forze che non puoi contrastare. Sicché arrivai sull’isola di Pašman un tantino più sopravvento del ponte di Ždrelac al quale ero diretto…

foto Carlo Fonda
Alle manovre per correggere la rotta aggiungerei il “debordé”: aggancio incrociando oltre la prua, ma è una manovra per esperti, da perfezionare a lungo, perché specialmente con mare mosso può sbilanciare. E’ molto efficace perché lavora in prua, braccio teso, sfruttando la forza del tronco (che è maggiore di quella delle braccia). E’ una specie di “timone in prua” che richiama la prua verso la pala. E’ l’unica manovra che consente con il NordKapp di rimettere la prua al vento in burrasca, quando lo scarto di poppa risulta inefficace a causa della pinna di poppa molto pronunciata… Ma non funziona allo stesso modo con tutti gli scafi.
(In fiume si raccomanda di “lavorare in prua” con agganci e trazioni aggressivi, in mare si lavora di più in poppa, perché il mare è grande, non c’è bisogno di manovre repentine, e i kayak da mare sono direzionati, non sono maneggevoli come quelli da fiume…)

Ripetiamo: l’onda in mare aperto è acqua che va su e giù, finché non incontra un basso fondale e allora si rovescia in avanti e può maltrattare il canoista.
Che fare? Meglio evitare i frangenti, e navigare più al largo della zona in cui questi si formano, sottocosta. E imbarcarsi e sbarcare in luoghi protetti: baiette, porticcioli, dietro un promontorio, dietro un’isola…
Ma gli esperti possono volere o dover affrontare i frangenti, anche giocarci, rischiando qualche bagno…
Al porticciolo Cedas di solito riusciamo ad uscire, sotto il fanale verde, dove le onde di libeccio non si sono ancora trasformate in frangenti (rivedi la terza foto di questo articolo, ripresa a pagina seguente). Ma a volte onde di un metro – un metro e mezzo frangono già prima del fanale.

E’ possibile affrontare un frangente dritto di prua e superarlo pagaiando con forza, finché non è tanto grosso da stopparti, ributtarti indietro, e la poppa si pianta, e tu ti intraversi, o ti rovesci… In oceano lo fanno (vedi filmati su YouTube) ma sono abituati…
Bisogna valutare quanta forza ha lui, quanta forza hai tu, e provare, oppure, prudentemente, rinunciare.


Si può osservare che dopo un certo numero di onde alte c’è una pausa, con onde più basse, e si può approfittare per portarsi oltre la zona pericolosa.
Da sottolineare che sul nostro lungomare (al Cedas e oltre) i frangenti ti portano a fracassarti sugli scogli (meglio stare al largo) mentre sulle spiagge sabbiose perdono forza e si esauriscono nel nulla, per cui al massimo ti areni, e se anche ti rovesci non è pericoloso:
Fuerteventura
Una volta ho provato a Lignano, sotto Natale, con il costruttore SandroSpagnol, ed è stato molto divertente: prendevi una velocità fantastica, e non mi sono rovesciato. Ma surfando con il frangente in poppa non hai un totale controllo della direzione: ti porta un po’ dove vuole lui, nonostante le correzioni. Ad esempio mi ha fatto fare un’ampia curva di 180°, velocissima, fin quasi in spiaggia per poi rimettermi con la prua verso il largo…
Se ti rovesci giocando con i frangenti puoi fare l’eskimo, ma se l’acqua è bassa in prossimità della spiaggia, e rischi di battere la schiena e la testa, è meglio uscire rapidissimamente (cosa che ho avuto occasione di fare, al Cedas, dopo essermi rovesciato e aver toccato il fondo con la pagaia, con perfetto tempismo, prima di finire sugli scogli…) (è utile un casco per proteggere la testa ed il giubbotto salvagente per proteggere la schiena, tenendo una posizione raccolta, aderente al ponte anteriore, quando si è capovolti)

ancora Kate, con tuta stagna, giubbotto e caschetto
Quando hai un frangente in poppa puoi cavalcarlo fino in spiaggia, mantenendo la direzione e la velocità.
Quando ti arriva addosso al traverso, devi buttarti nel frangente con il tronco e appoggiare con la pagaia (e se è alto fai l’appoggio alto) e sentirai che il frangente sostiene la tua pala, e puoi rimanere in appoggio, ma ti trascina… e se vuoi liberarti devi trasformare l’appoggio (pala orizzontale) in un aggancio (pala quasi verticale) per ancorarti nell’acqua più profonda mentre il frangente, forse, passa oltre.
Quando vuoi uscire verso il mare aperto, una tecnica per superare un frangente che ti ributterebbe indietro, ti catturerebbe e trascinerebbe è questa: capovolgersi volontariamente un attimo prima che ti sovrasti e ancorarsi con il tronco e la pagaia nell’acqua profonda, aspettando che passi, e fare l’eskimo dopo che è passato. Basta tenere il fiato per 3 o 4 secondi. Ci sono canoisti che lo fanno… YouTube docet. Dovrei estrapolare qualche spezzone di video… Per ora può bastare, forse.
Caio 2021

La barca non può inclinarsi verso l’onda che arriva o appoggiare sull’onda come fa il canoista. Però i pesi e i volumi sono calcolati in modo che dopo essersi coricata si raddrizza da sola…
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